Stamane è morto a Torino nella sua abitazione, Luigi “Gino “ Valenzano un personaggio che ha lasciato un’impronta di coraggio, d’ umanità e d’ impegno attraverso due secoli nei quali ha vissuto quattro vite molto dense di eventi.
Era nato ad Asti il 24 aprile del 1920. E’ pronipote di Pietro Badoglio una parentela che segnerà la sua vita.
La prima vita. Trascorre un’ infanzia e una
gioventù agiata e di successo, con conoscenze ad alto livello, maturate al
Liceo d’Azeglio dove è compagno di banco di Gianni Agnelli e conosce Gianni
Lancia di qualche anno più giovane.
Affascinato dal volo entra all’Accademia di
Caserta, dove inizia a frequentare il Corso Ufficiali ma viene richiamato a
Torino a causa della morte improvvisa del padre, titolare di un’azienda di
trasporti postali, svolti con una flotta di veicoli elettrici!
La parentela con Pietro Badoglio, all’8 settembre
’43, gli attira le ire dei fascisti ed è costretto, insieme al fratello Piero,
a lasciare di soppiatto l’abitazione di C.so Re Umberto per rifugiarsi a Roma,
dove i due fratelli cercano di passare le linee. Si avvalgono dell’aiuto di un
sedicente ufficiale tedesco, che è in realtà è un cameriere che li vende ai
tedeschi.
Detenuti in via Tasso e a Regina Coeli, il 5 gennaio 1944 vengono inseriti nel trasporto che il 13 –previa sosta a Dachau– giunge a Mauthausen. Qui “ Gino” è classificato come deportato politico e riceve il numero di matricola 42216, dichiarandosi autista. È trasferito nel sottocampo di Schwechat e poi di nuovo a Mauthausen, dove il 5 maggio 1945 è liberato dagli americani.
Questa sua seconda vita è narrata in tutto il suo dramma nel libro “Combustibile Uomo” scritto a quattro mani con Franco Torriani e con il successivo “L’Inferno di Mauthausen” due testimonianze che si possono comparare a “Se questo è un Uomo” di Primo Levi.
Gino considerava il 5 maggio, giorno della sua liberazione, come la sua seconda data di nascita e infatti, quando celebrò i suoi 90 anni, la festa ebbe luogo proprio quel giorno e non il 24 aprile.
Quasi per cancellare quella tremenda esperienza Valenzano
comincia la terza vita quella di
pilota di auto.
Gino inizia con una piccola monoposto con telaio
a traliccio, alla quale si rompeva sempre il motore. Poi Enrico Nardi gli
affida una monoposto con motore motociclistico BMW 750, con la quale vince
molte gare specialmente in salita.
Viene poi chiamato all’Abarth, come pilota
ufficiale e consegue importanti successi.
Incontra un giorno il suo ex compagno di scuola
Gianni Lancia, che gli propone di correre con le sue auto, è il tempo delle
Aurelia B20, che stupiscono il mondo per le loro prestazioni, alle quali
seguono la D20 e la D24 vetture di grande qualità, sempre in lotta con Ferrari
e Mercedes.
I compagni di squadra sono il meglio a livello mondiale Ascari, Villoresi, Castellotti, Fangio, Bonetto, Taruffi, Musso e le gare sono le più prestigiose; 12 ore di Sebring, Mille Miglia, Targa Florio, Rally del Sestriere, 6 Ore di Pescara, Giro di Sicilia, Montecarlo per vetture sport e 24 Ore di Le Mans (nella foto).
Proprio a Le Mans nel 1955 “Gino”, passato alla Maserati, dopo il ritiro
della Lancia dalle corse, è testimone del terribile incidente che vede la
Mercedes del francese Levegh volare nella folla. E’ quell’ odore di “carne bruciata” che gli richiamerà il
passato di prigionia e che lo spingerà anni dopo a scrivere “Combustibile
Uomo”.
Poco tempo dopo un altro fuoco il 10 luglio
sempre del 1955 quello che avvolge l’auto del fratello Piero sulla salita del
Falzarego durante la Coppa delle Dolomiti. “Gino” parte poco dopo il fratello e
non si accorge del dramma, lo saprà ad un rifornimento e immediatamente decide
di ritirasi dalle corse. Gino diceva sempre che in quel periodo Piero andava
molto più forte di lui!
La quarta vita di Valenzano è quella dedicata al cinema
un’altra sua grande passione si occupa per anni e con successo di distribuzione
di film e della gestione delle sue sale cinematografiche a Torino e in
Piemonte.
In molte occasioni “Gino” ha testimoniato nelle
scuole e nei circoli la sua esperienza di deportato con una lucidità e
precisione nei particolari sorprendente, ma senza mai pronunciare parole di
odio, si limitava ha essere il testimone di quelle sofferenze.
Per molti anni fu Presidente dell’AGIS Piemonte e
quando nel 2009 lasciò l’incarico ad Evelina Christillin, fu nominato Presidente Onorario, è stato per
molti anni membro del Consiglio dell’ACI di Torino.